Di Massimo Azzolini – Vice Presidente Nazionale Usarci

Come è noto, ormai la maggior parte dei contratti di agenzia contiene la clausola risolutiva espressa riferita al raggiungimento di un determinato risultato di fatturato nell’area di competenza dell’agente.

Mettendomi dalla parte della mandante, trovo anche giustificabile che la preponente, a fronte della cessione in esclusiva all’agente di una certa zona, possa in qualche modo ipotizzare un “fatturato minimo”.
Ma è qua che scatta la confusione… involontaria? Forse!
In quasi tutti i contratti da me analizzati in questi anni (e sono veramente tanti) non vi è la distinzione tra “fatturato minimo” e “obiettivo di vendita”.
I due dati vengono unificati in quello che è il fatturato ottimale per la mandante in quell’anno, in quella zona.
Anzi, frequentemente si accompagna tale obiettivo con un premio aggiuntivo per l’agente in caso di raggiungimento dello stesso.
Ma, al contempo, per quell’obiettivo di fatturato si inserisce nel contratto quella pericolosa clausola che prevede la possibilità di revoca da parte della mandante, con effetto immediato senza alcuna indennità, in caso di mancato raggiungimento di quel ben determinato risultato di vendita.
Della serie: «caro agente, se raggiungi o superi il 100% dell’obiettivo, io mandante ti premio, se mi fai il 99%, ti caccio con… una pedata nel sedere».
È evidente la stortura del sistema.
Una cosa è ipotizzare una situazione per cui a fronte di un risultato di vendita catastrofico (se veramente imputabile all’agente), ci possa essere una conseguente azione da parte della mandante; altra cosa è sfruttare una stortura procedurale ed interpretativa per potersene avvantaggiare economicamente.
Rimango del parere che le clausole risolutive espresse siano da vietarsi all’interno del contratto di agenzia. Ma, purtroppo, questa che è una delle richieste storiche di Usarci nell’ambito del rinnovo degli Accordi Economici Collettivi, non ha ancora trovato conforto applicativo.
Non rimane pertanto che condizionare l’accettazione del contratto alla eliminazione di questa stortura.
Già […] ho posto una serie di questioni che sostanzialmente invitavano l’agente a non accettare questo tipo di clausola, ma si sa che, purtroppo, è spesso necessario trovare dei compromessi e in quest’ottica si pone il senso di questo articolo.
Compromesso non significa, però, mera accettazione di ogni condizione posta nel contratto dalla preponente. Ma, al contrario, attenta lettura ed analisi con adeguate contro proposte prima della firma.
In questo caso l’agente deve essere supportato da personale esperto e pertanto, ancora una volta (non mi stancherò mai), se avete dubbi, rivolgetevi prima alla vostra sede Usarci provinciale.
Meglio spendere (o meglio investire) un po’ di tempo prima piuttosto di pentirsi amaramente poi.

AAAgents

«Decisamente dalla parte degli agenti»

One thought to “La “confusione” tra obiettivo di vendita e fatturato minimo”

  • Domenico forte

    Ne consegue che una clausola risolutiva espressa possa ritenersi legittima (similmente, in qualche misura, alle clausole dei contratti collettivi che prevedano ipotesi di licenziamento
    disciplinare) solo nei limiti in cui (oltre a non porsi in contrasto con eventuali previsioni in materia di accordi collettivi applicabili al rapporto), non venga a giustificare un recesso senza preavviso in situazioni concrete che a norma di legge non sarebbero legittimanti un recesso in tronco.
    Quanto poi al problema, differente, della concretizzazione della causale della “giusta causa”, ha rilevato che la formula dell’art. 2119 c.c., “causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”, peraltro richiamata anche dall’art.1751 c.c., in materia di indennità di cessazione del rapporto, mira indubbiamente a garantire nei limiti della ragionevolezza il rispetto dell’obbligo di preavviso, ma non può ritenersi preclusiva della considerazione delle esigenze poste anche dai rapporti di agenzia, tenendo conto della diversità di ruoli degli agenti rispetto ai lavoratori subordinati.
    Ha quindi concluso affermando che il ricorrere di un inadempimento previsto da una clausola risolutiva espressa non può giustificare di per sé il recesso in tronco dell’impresa preponente, senza necessità di verificare la sussistenza di un inadempimento che integri una giusta causa a norma dell’art. 2119 c.c., e cioè di un inadempimento che non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto.
    Se questi sono i principi, è del tutto superfluo disquisire sulla validità formale della clausola in esame, essendo comunque necessario verificare, come ha fatto il giudice di primo grado, se l’inadempimento posto in essere dall’agente e contestato dalla preponente, integri una giusta causa di recesso.
    Corte d’Appello Brescia n. 97.2014

Comments are closed.

[]